LAB. DI POESIA: SE QUESTO E’ UN UOMO.

Poesia introduttiva al libro “Se questo è un uomo” di PRIMO LEVI

Shemà

La poesia  di Primo Levi è un testo di 23 versi liberi che fa da apertura all’opera memorialistica di Primo Levi “Se questo è un uomo”, pubblicata per la prima volta nel 1947. In questa celebre opera, la più famosa tra i libri di questo autore, vengono descritti l’internamento e la prigionia dell’autore nei campi di Auschwitz e Monowitz dal gennaio del 1944 al gennaio del 1945, un anno intero. Il titolo della poesia, Shemà, altro non è che una parola in ebraico che vuol dire ascolta. La poesia è datata 10 gennaio 1946, quindi poco meno di un anno dopo la liberazione da Auschwitz il 27 gennaio 1945. Già dalle parole di apertura del libro, quindi, risuona forte e chiaro l’appello che Primo Levi sta rivolgendo al lettore.

Shemà: il testo della poesia

L’intenzione di Levi è quindi lampante: quest’unica parola, Shemà, costituisce un richiamo fortissimo e un appello deciso nei confronti del lettore perché legga sin dalle prime parole del romanzo con la mente aperta e prestando la massima attenzione alla testimonianza agghiacciante e tremenda di un’esperienza che, ancor prima di essere raccontata, bisogna avere la certezza che non ricapiti mai più.

L’intera poesia si fonda sull’aspro confronto tra la vita normale e quella nel campi di concentramento; la contrapposizione tra la vita “calda” e “sicura” condotta fuori rispetto a quella disumana e in perenne sofferenza è evidente.
Nel campo di concentramento si può morire in qualsiasi momento per un sì o per un no per ragioni totalmente arbitrarie. Nel campo di concentramento si lotta sempre, anche solo per avere un tozzo di pane.

A un certo punto della poesia il lettore è esplicitamente chiamato in causa da Primo Levi: egli obbliga, in un certo qual modo, a ricordare. Chiunque stia leggendo deve ricordare perché la possibilità di negare e dimenticare ciò che è accaduto durante lo sterminio nazista non deve essere data mai a nessuno.

L’invito di Levi è anche quello di tramandare alle nuove generazioni, ai figli, la memoria e il ricordo di quanto accaduto. Col passare del tempo le memorie possono sbiadire ma il senso del racconto è proprio quello di far sì che anche chi non abbia conosciuto gli orrori delle persecuzioni in prima persona possa saggiarne anche solo delle immagini per non ripetere mai più gli stessi errori.

Il poeta chiude il suo testo e comincia il suo romanzo con parole di vera e propria minaccia per chiunque voglia dimenticare: tragedie e castighi divini dovranno abbattersi su coloro che non ricorderanno l’accaduto.

FONTE: https://www.sololibri.net/shema-analisi-testo-parafrasi-primo-levi.html

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