LA GRANDE GUERRA: LETTURE STORIOGRAFICHE

Il neutralismo in Italia: La lettera del «parecchio».

da G. Giolitti, Memorie della mia vita, Garzanti, Milano, 1945.

Io avevo convinzione che la guerra sarebbe stata lunghissima […] a chi mi parlava di una guerra di tre mesi rispondevo che sarebbe durata almeno tre anni, perché si trattava di debellare i due imperi militarmente più organizzati del mondo […] Ciò che era facile prevedere erano gli l’immani sacrifici d’uomini che avrebbe imposto la guerra per la terribile sua violenza […] oltre a ciò la guerra avrebbe richiesto colossali sacrifizi finanziari, specialmente gravi e rovinosi per un paese come il nostro, ancora scarso di capitali […]. Io non considero la guerra come una fortuna, come i nazionalisti, ma come una disgrazia, la quale si deve affrontare solo quando è necessario per l’onore e per i grandi interessi del paese.

Testimonianze dalla trincea: Il nemico

Da E. Lussu, Un anno sull’altopiano, Mondadori, Milano, 1970.

Addossati al cespuglio, il caporale ed io rimanemmo in agguato tutta la notte […] quelle trincee […] ora si mostravano a noi, nella loro vera vita. Il nemico, il nemico, gli austriaci, gli austriaci!…Ecco il nemico ed ecco gli austriaci. Uomini e soldati come noi, fatti come noi, in uniforme come noi, che ora si muovevano, parlavano e prendevano il caffè, proprio come stavano facendo, dietro di noi, in quell’ora stessa, i nostri stessi compagni.  […]Io facevo la guerra fin dall’inizio. Far la guerra, per anni, significa acquistare abitudini e mentalità di guerra. Io non vedevo un uomo. Vedevo solamente il nemico. Dopo tante attese, tante pattuglie, tanto sonno perduto, egli passava al varco. La caccia era ben riuscita. Certo, facevo coscientemente la guerra e la giustificavo moralmente e politicamente. La mia coscienza di uomo e di cittadino non erano in conflitto con i miei doveri militari. La guerra era, per me, una dura necessità, terribile certo, ma alla quale ubbidivo, come ad una delle tante necessità, ingrate ma inevitabili, della vita. Pertanto facevo la guerra e avevo il comando di soldati. La facevo dunque, moralmente, due volte. Avevo già preso parte a tanti combattimenti. Che io tirassi contro un ufficiale nemico era quindi un fatto logico. Anzi, esigevo che i miei soldati fossero attenti nel loro servizio di vedetta e tirassero bene, se il nemico si scopriva. Perché non avrei, ora, tirato io su quell’ufficiale? Avevo il dovere di tirare. […]E intanto, non tiravo. […] Avevo di fronte un ufficiale, giovane, inconscio del pericolo che gli sovrastava. Non lo potevo sbagliare. Avrei potuto sparare mille colpi a quella distanza, senza sbagliarne uno. Bastava che premessi il grilletto: egli sarebbe stramazzato al suolo. Questa certezza che la sua vita dipendesse dalla mia volontà, mi rese esitante. Avevo di fronte un uomo. Un uomo![…] Pensavo. Condurre all’assalto cento uomini, o mille, contro cento altri o altri mille è una cosa. Prendere un uomo, staccarlo dal resto degli uomini e poi dire: “Ecco, sta’ fermo, io ti sparo, io t’uccido ” è un’altra. È assolutamente un’altra cosa. Fare la guerra è una cosa, uccidere un uomo è un’altra cosa. Uccidere un uomo, cosí, è assassinare un uomo.

Vita al fronte: Dall’iniziale entusiasmo per la guerra alle diserzioni e agli ammutinamenti

da M. Crouzet, Storia del mondo contemporaneo, trad. di G. Manacorda, Sansoni, Firenze, 1974.

Mai gli uomini avevano dovuto sopportare prove così dure […]. Rimasti in prima  linea durante l’inverno del 1914-1915, dentro trincee più o meno profonde, esposti senza riparo non soltanto ai bombardamenti e agli assalti improvvisi, ma al freddo e alla pioggia, malnutriti, spesso divorati dai pidocchi, privati del sonno per le esigenze della guerra, i soldati vivono nell’acqua affondando nel fango fino alle ginocchia […] Nei settori del fuoco, il combattente è sottoposto a una tensione nervosa continua: i viveri non arrivano; i bombardamenti martellano le vie di comunicazione, le trincee, i ricoveri; gli obici di grosso calibro scavano enormi buche e riducono il terreno a un campo di crateri che la pioggia trasforma in pantani. […] Le sofferenze, il pericolo, hanno trasformato il combattente […] il suo entusiasmo iniziale ha lasciato il posto a una rassegnazione amara, risultato delle delusioni provate, dell’avversione a […] “coloro che, non conoscendo la guerra […] vogliono continuarla a sue spese e con metodi condannati”( J. Norton Cru), dalla stanchezza e talvolta dal sentimento di inutilità di tanti sacrifici e sofferenze. La popolazione civile, a sua volta, vive in condizioni difficili, esposta ai bombardamenti aerei ed alle conseguenze dirette o indirette della guerra sottomarina e del blocco[…]. Nelle file degli eserciti la stanchezza generale, il nutrimento insufficiente, la mediocrità di certi capi, la propaganda pacifista e, in Italia, l’influenza dell’enciclica di Benedetto XV sull’ “inutile strage” provocano numerosi ammutinamenti. […] Ammutinamenti e numerosi diserzioni si verificano anche nell’esercito italiano. Rifiuti d’obbedienza si hanno in agosto anche nella flotta tedesca […]. Il maggior numero di disertori si conta nell’esercito austro-ungarico […]. Lo scoramento causato dal massacro […] hanno provocato movimenti di rivolta che hanno determinato il crollo degli Imperi militari, ma scuotono anche i paesi liberali. Qui, l’esaltazione della vittoria e le condizioni di vita meno precarie permettono alle classi dirigenti di sedare l’agitazione.

I quattrordici punti di Wilson

  1. Convenzioni di pace palesi, […] non vi saranno accordi internazionali segreti di alcuna specie, ma la diplomazia agirà sempre palesemente e in vista di tutti.
  2. Libertà assoluta della navigazione sui mari all’infuori delle acque territoriali, tanto in tempo di pace quanto in tempo di guerra.[…]
  3. Soppressione, per quanto sarà possibile, di tutte le barriere economiche […]
  4. Garanzie convenienti date e prese che gli armamenti nazionali saranno ridotti all’estremo limite compatibile con la sicurezza del paese.
  5. Libera sistemazione, con spirito largo e assolutamente imparziale, di tutte le rivendicazioni coloniali […].
  6. Sgombero di tutti i territori russi […]
  7. Quanto al Belgio, il mondo intero sarà d’accordo che esso dev’essere sgombrato e restaurato senza alcun tentativo di limitare la sovranità di cui gode nel concerto delle altre nazioni libere. […]
  8. Il torto fatto alla Francia dalla Prussia nel 1871 per quanto riguarda l’Alsazia-Lorena e che ha turbato la pace del mondo per quasi cinquant’anni, dovrà essere riparato affinché la pace possa ancora una volta essere garantita nell’interesse di tutti.

9.La sistemazione delle frontiere dell’Italia dovrà essere effettuata secondo le linee di nazionalità chiaramente riconoscibili.

  1. Ai popoli dell’Austria-Ungheria, […]si dovrà dare più largamente occasione per uno sviluppo autonomo.
  2. La Romania, la Serbia, il Montenegro dovranno essere sgombrati e i territori occupati dovranno essere restituiti. Alla Serbia dovrà accordarsi un libero e sicuro accesso al mare. Le relazioni fra i vari stati balcanici dovranno essere fissate amichevolmente. […].
  3. Una sicura sovranità sarà garantita alle parti turche dell’impero ottomano attuale; ma le altre nazionalità che si trovano in questo momento sotto la dominazione turca, dovranno aver garantita una indubbia sicurezza di esistenza ed il modo di svilupparsi senza ostacoli autonomamente. […] I Dardanelli dovranno essere aperti permanentemente e costituire un passaggio libero per le navi e per il commercio di tutti sulla base di garanzie internazionali.
  4. Dovrà essere stabilito uno Stato polacco indipendente […]
  5. Un’associazione generale delle nazioni dovrà essere formata in base a convenzioni speciali, allo scopo di fornire mutue garanzie di indipendenza politica e di integrità territoriale ai grandi come ai piccoli Stati.

 

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